Sessuofobia...

...madre della pornografia?

È la tesi sostenuta (nel novembre 2004) da un rappresentante islamico alla trasmissione del sabato sera di Gad Lerner: il Cristianesimo avrebbe del sesso una immagine negativa, come di una cosa brutta e sporca, e questo, per reazione, avrebbe prodotto l'eccesso opposto, cioè appunto la pornografia. Evitabile, se invece si ha del sesso un'idea equilibrata, che non colpevolizza il piacere non orientato alla procreazione, come fa l'Islam.

Se ne desume, ma mi si corregga pure se sbaglio, che per l'Islam, all'interno del matrimonio (al limite poligamico) non è moralmente accettabile solo ciò che è aperto alla procreazione, ma qualsiasi piacere, producibile con forme di sesso comunemente considerate perverse.

Nella metà campo cristiana

Alla facile obiezione che la pornografia è un prodotto recente, mentre il Cristianesimo ha duemila anni, per cui non si capisce bene perché un suo “inevitabile effetto” abbia aspettato tanto a manifestarsi, quel “saggio” ha risposto che da sempre il Cristianesimo avrebbe prodotto pornografia. Frase che confesso di non aver capito, a meno che intendesse parlare delle raffigurazioni pittoriche in cui certe figure umane vengono rappresentate nella loro nudità (come il Davide di Michelangelo, o le figure di Adamo ed Eva in molta arte, anche medioevale). Questa tesi è evidentemente grottesca e ridicola, perché non basta la rappresentazione della nudità a fare pornografia, pena il fare di chiunque debba spogliarsi per visita medica una scostumata pornostar, e di ogni medico un perverso voyeur. Tra l’altro però è coerente che certi mussulmani in Francia chiedano che le “loro” donne siano visitate solo da medici di sesso femminile: per loro quella che abbiamo appena fatto non è una battuta, ma qualcosa di molto serio.

La verità è che, perché una nudità diventi qualcosa di pornografico occorre un certo fattore, una conditio sine qua non, cioè l’intenzione, l’intento di produrre una “eccitazione” che disconnetta quel corpo particolare dalla totalità: anzitutto lo disconnette dalla personalità integrale di colei (o colui) di cui è quel corpo, per cui il corpo è puro oggetto, e non espressione di un soggetto; in secondo luogo lo disconnette dalla trame di relazioni con il mondo e con il tempo. Per cui viene censurata la verità che quello non è un corpo e basta, ma il corpo di una persona, e che quella persona non è una realtà plastificata, avulsa da rapporti interpersonali e sottratta al tempo: ha un padre, una madre, dei fratelli, forse un marito, e la sua vita scorre verso una fine, che la fede ci indica come la porta verso un Destino eterno. Perché ci sia pornografia occorre ci sia astrattezza, dia-bolicità, nel senso di scomposizione (violenta) di ciò che invece è relazionato e in qualche modo uno. Non il Cristianesimo, ma l’allontanamento dal Cristianesimo ha prodotto la pornografia.

Nell’altra metà campo

Ma c’è anche da rispondere alla tesi secondo cui il Creatore “lascia libero” l’uomo di “godersi la donna” senza limiti, senza cioè porsi il problema se quell’atto sia, almeno come possibilità, orientato alla procreazione: se fa piacere è buono. Dio insomma verrebbe visto come un severo censore dal Cristianesimo, mentre dall’islam viene visto come più armonioso con la spontaneità naturale. Ma ciò che chiede Dio, per il Cristianesimo, richiede sì sacrificio, ma non reprime niente di naturale, anzi il sacrificio è volto esclusivamente ad affermare ciò che è davvero umano. Esiste infatti una coincidenza tra apertura alla procreazione e vero amore per l’altro, e senza vero amore per l’altro non c’è realizzazione dell’umano, ma scivolamento verso l’animalità. Perché c’è un nesso tra un vero amore e la apertura alla generazione? Perché non posso volere veramente il bene di un altro, se non voglio almeno implicitamente la mia e la sua piena realizzazione, che è nel dono di sé, e il dono di sé implica la apertura alla possibilità che, se Dio vuole, io sia posto al servizio di una nuova vita, mi doni-per un nuovo essere umano.

Ma perché, oltre alla generatività non ci potrebbe essere un piacere intrinsecamente impossibilitato alla procreazione? Ad esempio perché un tale piacere educa all’egoismo, e quando venisse a mancare, nel coniuge, la capacità di garantirmi un tale piacere, facilmente mi verrebbe da cercarlo altrove (e, non a caso, chi sostiene la legittimità etica del piacere non generativo, legittima anche la poligamia).